Mai come in questi ultimi due anni si è avuta una espansione così esplosiva dell’e-commerce, incentivata oltre modo anche dall’outbreak pandemico causato dal virus SARS-CoV-2.
Infatti, il classico “rito” dell’acquisto prevede operazioni che vengono svolte (ancora, per ora) toccando, prendendo, usando oggetti che, spesso e volentieri, cambiano possesso più volte nel corso della stessa giornata.
Trattasi, com’è chiaro, di procedure tendenzialmente inattuabili alla luce del distanziamento fisico interpersonale, dell’evitare (nei limiti del possibile) di toccare oggetti già usati da altri, del disinfettarcisi costantemente e del timore (infondato) che il denaro contante sia un possibile vettore virale.
Pertanto, si è fatto sempre più ricorso allo shopping a mezzo internet e al pagamento con strumenti digitali (anche negli esercizi fisici).
Ciò, ovviamente, pone precisi oneri a carico del venditore per tutelare il consumatore.
Innanzitutto, cosa si intende per e-commerce? Già con la Comunicazione della Commissione europea n. 157 del 1997 (“Un’iniziativa europea in materia di commercio elettronico”) si è fornita la seguente definizione di e-commerce, da intendersi come “lo svolgimento di attività commerciali e di transazioni per via elettronica e comprende attività quali: la commercializzazione di beni o servizi per via elettronica; la distribuzione on-line di contenuti digitali; l’effettuazione per via elettronica di operazioni finanziarie e di borsa; gli appalti pubblici per via elettronica ed altre procedure di tipo transattivo delle pubbliche amministrazioni”.
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Quindi, le operazioni di conclusione del contratto avvengono interamente online, mentre l’esecuzione dello stesso può svolgersi online oppure a mezzo della tradizionale consegna del bene materiale ordinato. Nel primo caso si ha e-commerce diretto e nel secondo si parla di e-commerce indiretto.
Per esempio, si è in presenza di e-commerce diretto quando si compra online un programma che viene poi direttamente scaricato dal sito del venditore/produttore e installato su PC. Se, invece, il programma viene spedito su supporto materiale (CD-ROM) alla residenza del consumatore, si ha e-commerce indiretto.
Attualmente la materia è disciplinata, in ambito europeo, dalla Direttiva 2000/31/CE nota come la “Direttiva sul commercio elettronico” e recepita dall’Italia con il d.lgs. 70/2003.
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Oltre a queste si devono considerare due direttive approvate il 15 aprile 2019 dal Consiglio d’Europa; la prima è volta a disciplinare i contratti di fornitura di contenuto e servizi digitali (cosiddetta direttiva sul contenuto digitale), la seconda è relativa ai contratti di vendita di beni (direttiva sulla vendita di beni). Però la direttiva più rilevante rimane la prima, in quanto applicabile all’intero comparto dell’e-commerce.
Queste tre direttive condividono il fine della tutela del consumatore e alle stesse si aggiunge anche l’ormai famoso GDPR per quanto concerne la protezione dei dati personali.
Pertanto, quali sono i principali doveri che discendono dalle norme sopra richiamate per aversi un e-commerce esente da violazioni?
Si premette che sono, tendenzialmente, tutti obblighi informativi previsti dal d.lgs. 70/2003 (che è attuazione della direttiva sul commercio elettronico).
Profilazione dell’utente e la tutela della privacy
Ai sensi dell’art. 12, vanno fornite delle informazioni prima della conclusione del contratto, ossia:
- a) le varie fasi tecniche da seguire per la conclusione del contratto;
- b) il modo in cui il contratto concluso sarà archiviato e le relative modalità di accesso;
- c) i mezzi tecnici messi a disposizione del destinatario per individuare e correggere gli errori di inserimento dei dati prima di inoltrare l’ordine al prestatore;
- d) gli eventuali codici di condotta cui aderisce e come accedervi per via telematica;
- e) le lingue a disposizione per concludere il contratto oltre all’italiano;
- f) l’indicazione degli strumenti di composizione delle controversie.
L’art. 13, poi, statuisce che il fornitore del servizio deve, senza ritardo e per via telematica, accusare ricevuta dell’ordine del destinatario contenente un riepilogo delle condizioni generali e particolari applicabili al contratto nonché una serie di informazioni relative al bene o servizio, al prezzo, ai mezzi di pagamento, al recesso, costi di consegna e tributi applicabili.
All’art. 8, poi, si prevede che le comunicazioni commerciali rispettino una serie di requisiti, ossia devono evidenziare:
- a) che si tratta di comunicazione commerciale;
- b) la persona fisica o giuridica per conto della quale è effettuata la comunicazione commerciale;
- c) che si tratta di un’offerta promozionale come sconti, premi, o omaggi e le relative condizioni di accesso;
- d) che si tratta di concorsi o giochi promozionali, se consentiti, e le relative condizioni di partecipazione.
Ciononostante, qualora si tratti di comunicazioni non sollecitate (pura pubblicità), queste devono essere immediatamente riconoscibili come tali e devono contenere l’indicazione che il destinatario può opporsi alla ricezione, in futuro, di altre comunicazioni di pari tipologia (art. 9).
Ulteriori obblighi, poi, sono descritti agli artt. 14 – 15 – 16 – 17, dove sono disciplinate varie tipologie di trattamento delle informazioni ai fini della prestazione del servizio.
Si nota, di conseguenza, come la normativa sull’e-commerce sia orientata a fornire anche nell’ambiente di Internet quella trasparenza che si è soliti rinvenire negli esercizi fisici.
Ciononostante, non sono gli unici obblighi derivanti da disposizioni comunitarie. Oltre al GDPR, infatti, va ricordato anche il Codice del Consumo, ossia il d.lgs. 206/2005, in quanto testo normativo di un settore sviluppatosi soprattutto sotto l’influsso delle direttive europee, come si nota nel preambolo dello stesso.
Questo Codice non solo pone altri e più specifici doveri informativi in capo al venditore (descritti nella II parte del testo normativo), ma sancisce anche una forte tutela contro le clausole vessatorie (art. 33) e prevede un esplicito diritto di recesso a favore del consumatore, il quale deve esserne portato a conoscenza.
Pertanto, i doveri del venditore online convergono tutti, si potrebbe dire, verso l’obiettivo di fornire al consumatore una situational awareness (mi si perdoni l’utilizzo improprio dell’espressione) atta a consentirgli una scelta consapevole anche dei rimedi eventualmente attivabili.
Luigi Izzo