#Filterdrop è la nuova campagna attiva sui social network e che ha messo sotto la lente di ingrandimento l’uso dei filtri sui social da parte delle influencer. Il mondo dei social non è più una semplice vetrina dove esporre foto e accadimenti vari ma sempre più persone famose e non, ne hanno fatto un vero lavoro.
Sponsorizzare e promuovere prodotti di bellezza o per la cura del proprio corpo non è mai stato così semplice: con una serie di stories si apprende anche come usarlo. Tuttavia, essendo una vetrina ognuno mira a mostrare la migliore immagine di se, ed allora occorre chiedersi quando possa essere fuorviante mostrare ad esempio una crema per le macchie solari, oppure l’efficacia di un fondotinta coprente previa impostazione di un filtro bellezza.
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La questione così presentata è stata esaminata per la prima volta dall’Advertising Standards Authority (ASA), l’organizzazione di autoregolamentazione dell’industria pubblicitaria nel Regno Unito, la quale, con una pronuncia del 22 gennaio scorso, si è espressa ritenendo i filtri social, applicati durante un’adv, una distorsione della realtà, tale da indurre l’aspirante consumatore ad alterare i canoni di bellezza e ad acquistare un prodotto con aspettative che non rispecchiano l’efficacia effettiva dello stesso. Ebbene, il messaggio che si trasmette è così fuorviante da creare una separazione tra come ci si vede e come si pensa di dover essere, finendo per generare una pubblicità ingannevole del prodotto che perde non solo feedback ma fa anche perdere all’azienda credibilità.
Deepfake e Deepnude: la scheda informativa del Garante.
L’Agenzia ha stabilito che l’utilizzo dei filtri social per finalità promozionali è vietato, se questi filtri ne alterano gli effetti e inducono in errore i followers, pena la rimozione automatica del contenuto da parte del social web. In tali termini, si riscontra l’intento di una collaborazione diretta tra l’Agenzia e i colossi del web, che va oltre il marketing dell’azienda senza tralasciare però che spesso è la stessa azienda a indicare i canoni di promozione ed approvare i contenuti degli influencers, per cui non si esclude che la responsabilità per la pubblicità ingannevole sia anche imputabile a quest’ultima. Al riguardo, prima di identificare una responsabilità contrattuale o meno è auspicabile che anche il governo italiano, e nello specifico l’Autorità Garante per la concorrenza e per il mercato, possa prendere una decisione in merito, vigilando in tal modo sui contenuti social che ledono inevitabilmente il consumatore. In Italia è lo stesso codice del consumo all’art. 2 a riconoscere espressamente ai consumatori e agli utenti il diritto ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità, che non induca in errore all’acquisto del prodotto.
Offese sui social network: reato di diffamazione e risarcimento del danno
La comunicazione pubblicitaria attuata specialmente via social incide con maggior peso sui followers che hanno un’età compresa tra i 16 e i 25 anni, per il forte impatto che tali cosmetici hanno nelle loro vite. Allo stesso modo, si pone la collocazione, all’ art. 7 D. Lgs. 145/2007, del divieto di pubblicità suscettibile di raggiungere bambini e adolescenti che abusi della loro conoscenza e mancata esperienza ed, altresì, del divieto di pubblicità che, possa, anche indirettamente, minacciare la loro sicurezza. La tutela in tal contesto deve essere maggiore perché volta a proteggere l’interesse di followers che in quanto giovani possono essere poco consapevole del contenuto del messaggio promozionale.
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