Commento a sentenza della Corte (Grande Sezione) del 24 settembre 2019: Google LLC contro Commission nationale de l’informatique et des libertés (CNIL). Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d’État (Francia). (Rinvio pregiudiziale – Dati personali – Causa C-507/17.)

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Sommario. 1. Origine della controversia 2. Dictum della Corte di Giustizia 3. Osservazioni critiche

  1. Origine della controversia:

L’autorità di vigilanza per la protezione dei dati personali in Francia il CNIL aveva accolto la domanda di una persona fisica di rimozione di alcuni link (c.d. deindicizzazione), risultanti da una ricerca svolta sul motore di ricerca Google, su tutte le sue estensioni del nome di dominio[1].

Il motore di ricerca si era rifiutato di ottemperare a tale verdetto, eliminando solo i risultati ottenuti in una sola estensione, corrispondente al territorio di uno stato membro, quello del richiedente.

L’autorità garante ha ritenuto tale misura insufficiente, così come il meccanismo del blocco geografico che consente a Google di vietare l’accesso a quei link nel territorio dell’interessato in base alla localizzazione del indirizzo IP di colui che effettua la ricerca. In altre parole al luogo in cui si effettua la sua connessione. Di conseguenza ha proceduto a sanzionare l’azienda con una sanzione di  EUR 100000.

 

 

Il Consiglio di Stato francese, dinanzi al quale è stata impugnata questa decisione, ha osservato che esistono varie versioni del motore di ricerca basate sulle diverse  estensioni del nome di dominio[2]. Il cui contenuto varia per adattarlo alle peculiarità linguistiche dei soggetti ivi residenti. Inoltre se si effettua la connessione da google.com le informazioni visualizzate si baseranno sulla localizzazione dell’indirizzo Ip del richiedente, ma l’utente è libero di consultare le altre versioni del motore e quindi può ottenere risultati diversi, anche se basati su banche dati e modalità di indicizzazione comuni.

Una volta appurate queste diverse modalità di consultazione, l’autorità giudiziaria ha proposto rinvio pregiudiziale alla corte di giustizia richiedendo un quesito in modo alternativo: se il diritto alla deindicizzazione, debba essere interpretato nel senso che a seguito di una richiesta di deindicizzazione tale cancellazione debba riguardare tutte le versioni di dominio del motore indipendentemente dal luogo in cui è effettuata la ricerca e anche se questo ricade fuori dall’ambito di applicazione della normativa europea.

Ovvero, alternativamente, se tale rimozione debba avvenire nella sola versione del motore di ricerca in cui è stata effettuata la domanda di deindicizzazione, o in quelle corrispondenti a quelle di tutti gli stati membri.

Inoltre se in tal caso il motore di ricerca sia tenuto ad attuare il blocco geografico nel paese in cui è stata presentata tale domanda, o in tutti gli stati membri in cui si attua la direttiva, a prescindere dal nome di dominio utilizzato per le ricerche.

In altre parole si è chiesto alla corte europea di chiarire le modalità con il quale deve concretizzarsi tale procedimento di cancellazione, se su tutte le versioni del motore o su alcune di esse: quella corrispondente al paese del richiedente, o quella di tutti gli stati membri. Al contempo si è richiesto un chiarimento sulle modalità di attuazione del blocco geografico.

2.     Dictum della corte:

La corte interviene sul punto partendo dal perimetro normativo e giurisprudenziale del fenomeno deindicizzazione.

Il diritto all’oblio, così come sancito dalla nella sentenza del 13 maggio 2014, Google Spain e Google (C‑131/12EU:C:2014:317), consiste nel richiedere la cancellazione dei dati personali ad un motore di ricerca, a prescindere dal fatto che tale indicizzazione arrechi al richiedente un danno o meno. Tale rimozione è considerata espressione del diritto fondamentale alla riservatezza e può essere impedita solo in casi eccezionali; dovuti ad esempio all’interesse del pubblico alla persona dell’interessato conseguenza del ruolo che egli ricopre nella vita pubblica a causa delle sue attività. Si pensi ai lavoratori del mondo dello spettacolo.

Il Reg. 679/2016 sulla protezione dei dati personali ha cristallizzato tale diritto all’art. 17[3].

Poi l’organo giudiziario procede la sua disamina considerando che data la vastità priva di confini e barriere di internet, l’accesso anche da fuori dell’Unione a dati oggetto di deindicizzazione può danneggiare il soggetto che l’aveva richiesta. Per questo motivo – osserva la corte- sarebbe proficua una deindicizzazione totale su tutte le versioni del motore di ricerca. Tuttavia lo stesso organo giudiziario osserva che in linea di principio il bilanciamento tra il diritto all’oblio e gli altri diritti fondamentali non è stato considerato dal legislatore europeo, nell’ipotesi in cui la deindicizzazione avvenga al di fuori dell’Unione. Pertanto dinanzi a tale silenzio, non è possibile dedurre un’applicazione di tale meccanismo al di fuori dei confini dell’Unione su tutte le estensioni di dominio.

Per rispondere al secondo quesito il giudice europeo rileva che l’ambito di applicazione del regolamento sulla protezione dei dati personali riguarda tutta l’Unione Europea, senza nessuna eccezione. Quindi il diritto all’oblio che è ivi disciplinato, deve avere lo stesso perimetro applicativo. Questo è provato dal fatto che in tutto il regolamento si nota la tensione per garantire che l’applicazione ed il rispetto delle sue norme avvenga in modo coerente ed omogeneo, anche tramite la collaborazione delle autorità indipendenti ed il meccanismo di coerenza. Concludendo dichiara che  i gestori dei motori di ricerca hanno il compito di garantire l’applicazione del diritto all’oblio in modo uniforme, coerente ed uguale in tutti gli stati membri, anche tramite il blocco geografico.

  1. Osservazioni critiche:

Questa sentenza rappresenta un passo in avanti rispetto alla sentenza Google/Spain. Se in quella pronuncia si era affermato un diritto, in questa si delimitano le sue modalità applicative. Si è scelto di applicare questo diritto in base al criterio di applicazione del regolamento sul dati personali che è pari al territorio degli stati membri. Questo perché questo diritto è previsto e disciplinato da quello stesso regolamento e non può non condividerne i confini d’applicazione.

Tuttavia si osserva che questi confini si basano su criteri geografici: il territorio degli stati membri, ma riguardano un fenomeno che ha poco a che vedere con i classici confini geopolitici, tipici dell’applicazione della legge negli stati membri ed appannaggio del diritto internazioni pubblico e privato. Questo perché internet è un fenomeno immateriale, ha ad oggetto una rete di dati in cui è possibile accedere da tutti gli angoli del globo. Con questa sentenza la corte ha affermato che in una parte di esso (il territorio degli stati membri) il motore di ricerca deve applicare il diritto all’oblio, mentre al di fuori di esso può non applicarlo.

Sembra una conclusione un po’ paradossale, questo perché sarebbe possibile eludere i meccanismi di deindicizzazione semplicemente connettendosi al di fuori dell’Unione Europea, circostanza considerata dalla stessa corte e ritenuta anche dannosa. Infatti la corte parla di link e di estensioni del nome di dominio, invece avrebbe potuto andare un po’ oltre le sue considerazioni, chiedendosi se non fosse il caso che le singole autorità garanti siano tenute a specificare i singoli fatti, nomi, luoghi ed eventi da eliminare, insieme ai link, nelle domande di deindicizzazione, di modo che non possano essere visualizzati fuori dall’Unione. In altre parole circoscrivere in modo più netto e chiaro le modalità di applicazione stabilendo cosa debba essere rimosso nel modo più preciso possibile, invece si è limitata ad affermare che i link oggetto della domanda non debbano essere visualizzati in tutti gli stati membri.

Inoltre avrebbe anche potuto pronunciarsi sulla possibilità di modificare l’algoritmo di ricerca collegato alle parole chiave che possano rinviare a quei link, ovvero dettare delle specifiche tecniche. In aggiunta avrebbe potuto ribadire che consentire la visualizzazione, di quei risultati, anche al di fuori dell’Unione generando un danno potenziale era comunque un’attività giuridicamente opinabile e che se tali dati fossero utilizzati al suo interno, anche se con delle modifiche e tramite altri motori, si tratterebbe di dati comunque illeciti ed esposti a possibili sanzioni di legge. Basti considerare alla visualizzazione di pagine web tramite una connessione effettuata in Svizzera, o in qualche altro stato non membro dell’Unione Europea, ma nella stessa area geografica e quindi molto vicino ad altri stati membri, questo potrebbe portare a fenomeni di elusione del divieto e quindi alla circolazione dati illeciti in modo relativamente agevole.

 

[1]tutte le sue versioni in basa alle nazioni in cui opera Es.: google.it, google.fr etc.

[2] Es.:.it, .fr, .de, etc.

[3] L’interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo e il titolare del trattamento ha l’obbligo di cancellare senza ingiustificato ritardo i dati personali, se sussiste uno dei motivi seguenti: a) i dati personali non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o altrimenti trattati; b) l’interessato revoca il consenso su cui si basa il trattamento conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), o all’articolo 9, paragrafo 2, lettera a), e se non sussiste altro fondamento giuridico per il trattamento; c) l’interessato si oppone al trattamento ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, e non sussiste alcun motivo legittimo prevalente per procedere al trattamento, oppure si oppone al trattamento ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2; d) i dati personali sono stati trattati illecitamente; e) i dati personali devono essere cancellati per adempiere un obbligo giuridico previsto dal diritto dell’Unione o dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento; f) i dati personali sono stati raccolti relativamente all’offerta di servizi della società dell’informazione di cui all’articolo 8, paragrafo 1[…].

Gaetano Guarino

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