Mancano ormai pochissimi giorni all’entrata in vigore del Regolamento Europeo 679/2016 sulla protezione dei dati personali. Il prossimo 25 maggio, infatti, i giganti della rete, per evitare le imponenti sanzioni previste dal GDPR, dovranno dimostrare di aver adottato tutte le misure necessarie a rispettare gli standard di tutela dei dati personali dei propri utenti i posti dalla nuova normativa europea.
Google dichiara: “Non temiamo il GDPR”
Nel corso dell’assemblea trimestrale, gli investitori di Alphabet (holding a cui fa capo Google) hanno espresso le proprie preoccupazioni in relazione alle possibili conseguenze negative derivanti dall’applicazione del GDPR sulla percentuale (circa il 20%) di attività pubblicitaria che il colosso del web ricava dai servizi utilizzati dai cd. inserzionisti per pubblicare annunci sui propri siti web, dal momento che il Regolamento consente agli utenti europei di disattivare il cd. Targeting degli annunci.
Di fronte a tali timori l’Amministratore delegato Sundar Pichai ha dichiarato che Google non prevede alcun effetto negativo derivante dall’applicazione del Regolamento Europeo, in quanto sta lavorando “duramente” alla compliance al GDPR da ben 18 mesi.
In effetti, numerose sono le novità previste dal più famoso motore di ricerca del mondo in tema di data protection (consultabili presso la pagina www.google.com/intl/it/cloud/security/gdpr) tra le quali la più controversa risulta essere l’obbligo per i propri partners, che si tratti di editori di inserzionisti, di assumersi la responsabilità di ottenere un esplicito consenso al trattamento dei dati da parte dei prori utenti. Ciò significa che ogni applicazione e sito che utilizza i servizi pubblicitari di google dovrà munirsi da sola del consenso alla raccolta dei dati, alla creazione di pubblicità personalizzate ed anche semplicemente all’utilizzo di cookies.
Proprio questa previsione ha scatenato, secondo quanto riportato poche ore fa dal noto blog statunitense (che si occupa di informatica e tecnologia) TechCrunch, una vera a propria sommossa da parte di un nutrito gruppo di publisher europei ed internazionali che in una lettera diretta proprio al CEO Pichai hanno accusato google di utilizzare a proprio vantaggio il GDPR per trasformarsi da “processore di dati” a “controllore dei dati”, assumendosi il diritto di “prendere decisioni unilaterali su come vengono usati i dati dei publisher”, trasferendo, però, esclusivamente su questi ultimi tutta a responsabilità di ottenere il consenso per il trattamento dei dati previsto dal GDPR.
Lucrezia D’Avenia