Privacy nel condominio. Amministratore di condominio e dati dei condomini
L’art. 63 – I comma – disp. att. c.c., nella sua disposizione successiva alla l. 220/2012, in tema di condominio, recita “per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi”.
Siffatta disposizione ha l’indubbio scopo di agevolare le attività gestorie del condominio, attraverso la previsione del ricorso al più spedito ed incisivo procedimento di ingiunzione ex artt. 633 e ss. c.p.c. in luogo dell’ordinario giudizio di cognizione, al fine di ottenere la riscossione dei contributi condominiali da parte dei soggetti morosi.
Si è stabilito, dunque, che i creditori del condominio, onde recuperare il quantum debeatur, debbano agire dapprima nei confronti dei condomini morosi e, solo dopo aver escusso inutilmente il patrimonio di questi ultimi, potranno rivolgersi anche nei confronti dei condomini in regola con il pagamento dei contributi condominiali, con l’ulteriore previsione dell’obbligo in capo all’amministratore di comunicare a beneficio dei creditori, laddove richiesto, i dati personali dei condomini morosi.
La disposizione sembra ripercorrere la formulazione dell’art. 2268 c.c., in tema di escussione dei soci per i debiti contratti dalla società, per il quale, relativamente alle società semplici, il socio richiesto del pagamento di debiti sociali può domandare, anche se la società è in liquidazione, la preventiva escussione del patrimonio sociale, indicando i beni sui quali il creditore possa agevolmente soddisfarsi, nonché dell’art. 2304 c.c. che, in ordine alla società in nome collettivo, dispone che i creditori sociali, anche se la società è in liquidazione, non possono pretendere il pagamento da parte dei singoli soci se non previa escussione del patrimonio sociale, e, infine, dell’art. 2461 c.c. I comma, secondo cui, in tema di società in accomandita per azioni, la responsabilità dei soci accomandatari amministratori verso terzi è regolata dal predetto art. 2304 c.c.
Da tanto può predicarsi un’improcedibilità della domanda creditoria nei confronti del debitore “sussidiario”, fino a quando non venga dimostrata l’incapienza del patrimonio del debitore “principale”.
In merito all’obbligazione posta a carico dell’amministratore di comunicare ai creditori condominiali i nominativi dei soggetti morosi, si è ritenuto che sia ammissibile una domanda di urgenza, ex art. 700 c.p.c. in caso di mancato ossequio all’obbligo di comunicazione dei predetti nominativi nonché la domanda risarcitoria nei confronti dell’amministratore restio a fornire i nomi richiesti, producendo danni a causa della sua manchevolezza.
Si rammenti, inoltre, che la condotta omissiva e/o inerte dell’amministratore sancita dal giudice – che si verifica facilmente nel caso di un amministratore uscente che trascuri di trasmettere al subentrante gestore e/o ai condomini i registri condominiali – integra non solo un illecito civile suscettibile di esporre l’amministratore ad una richiesta risarcitoria ma anche un reato.
La questione involgente la responsabilità dei condomini, in ordine alle obbligazioni assunte nell’interesse del condominio, derivava da una nota pronuncia delle SS.UU. della Corte di Cassazione n. 9148/2008 che, in luogo del principio della solidarietà per il soddisfacimento delle obbligazioni predette, introduceva il criterio della parziarietà, implicando così l’obbligo per il creditore non soddisfatto di agire pro quota nei confronti di tutti i condomini, ingenerandosi così una notevole difficoltà di reperimento dei dati anagrafici dei singoli debitori, anche alla luce del divieto ex art. 23 del d.lgs. 30.06.2003 n.196, secondo cui “il trattamento di dati personali da parte di privati o di enti pubblici economici è ammesso solo con il consenso espresso dell’interessato. Il consenso può riguardare l’intero trattamento ovvero una o più operazioni dello stesso. Il consenso è validamente prestato solo se espresso liberamente e specificamente in riferimento ad un trattamento chiaramente individuato, se è documentato per iscritto, e se sono state rese all’interessato le informazioni di cui all’art. 13. Il consenso è manifestato in forma scritta quando il trattamento riguardi dati sensibili”.
Le difficoltà così paventate, tuttavia, venivano risolte dal successivo art. 24 comma I lett. b) che già sanciva che “il consenso non è richiesto, oltre che nei casi previsti nella Parte II, quando il trattamento: (…) b) è necessario per eseguire obblighi derivanti da un contratto del quale è parte l’interessato o per adempiere, prima della conclusione del contratto, a specifiche richieste dell’interessato”, posto che i creditori non soddisfatti del condominio costituiscono, nella sostanza, le parti di un contratto stipulato con l’amministratore il quale rappresenta la compagine condominiale.
E’ altrettanto chiaro e doveroso che l’amministratore condominiale – onerato dell’obbligo di fornire i predetti dati – ispiri la propria condotta al rispetto del canone della “buona fede” attraverso informazioni pertinenti e non eccedenti (tali possono ritenersi quelle che consentono di identificare i condomini obbligati al pagamento di corrispettivi dei contratti, le quote millesimali ed eventuali ulteriori informazioni necessarie a determinare le somme individualmente dovute) (cfr. Garante Privacy, rel. 2008, 02.07.2009, II, 170).
Con la sopravvenuta disposizione di cui all’art. 63 comma I disp. Att. C.c., è stato, dunque, cristallizzato il dovere in capo all’amministratore – in proprio – di fornire i dati anagrafici dei condomini morosi allorquando venga interpellato, pena l’applicazione di una penale per ogni giorno o mese di ritardo.
La comunicazione, da parte dell’amministratore, dei dati relativi agli specifici condomini morosi in favore dei terzi creditori del condominio, infatti, “è doverosa, venendosi a configurare siffatto incombente, alla stregua di un vero e proprio obbligo di cooperazione e protezione a tutela di chi, vantando un credito nei riguardi del condominio, senza quei dati non sarebbe messo nelle condizioni di realizzare parziariamente il suo credito” (cfr. trib. Palermo, sez. II 02.05.2016 su r.g.n. 2694/2014).
Si rammenti, a tal proposito, inoltre, che il Tribunale di Roma, con ordinanza dalla portata innovativa della V sez. del 01.02.2017, aveva ricondotto l’istituto delineato dall’art. 63 disp. Att. C.c. all’istituto dell’astreinte di cui al novellato art. 614 c.p.c., prevedendo l’applicazione di una sanzione pecuniaria a carico del debitore restio ad ottemperare all’ordine del giudice, integrando, così, uno strumento di “coercizione indiretta” perché la prestazione oggetto del provvedimento risultasse concretamente ottemperata.
Alla stregua dei successivi General Data Protection Regulation (GDPR), di cui al Regolamento Europeo n. 2016/679, e d.lgs. 10.08.2018 n. 101, si è assistito all’adeguamento della normativa di cui al mentovato d.lgs. 196/2003 ai principi UE.
Nel caso che qui ci occupa, pertanto, l’amministratore condominiale potrà essere considerato come 1) “titolare del trattamento” dei dati personali, rilevante ai sensi dell’art. 24 del GDPR, con l’obbligo di porre in essere misure tecniche e organizzative adeguate per garantire, ed essere in grado di dimostrare, che il trattamento sia effettuato conformemente (compliant) al Regolamento, tenuto conto della natura, dell’ambito di applicazione, del contesto e delle finalità del trattamento, nonché dei rischi aventi probabilità e gravità diverse per i diritti e le libertà delle persone fisiche, nonché 2) “responsabile del trattamento” ex art. 28, inteso come “persona fisica o giuridica, autorità pubblica, servizio o altro organismo che tratta dati personali per conto del titolare”, ripercorrendo la definizione contenuta nell’art. 2.e) della Dir. 95/46/CE.
Gli obblighi del responsabile, secondo il GDPR, si riassumono in: a) adottare misure tecniche e organizzative per garantire un livello di sicurezza adeguato al rischio; b) istituire un registro dei trattamenti per conto di ciascun titolare; c) designare un responsabile per la protezione dei dati; d) nominare un rappresentante, qualora non sia stabilito nel territorio europeo; d) cooperare con le autorità di controllo.
Ne discende che, nella compagine condominiale, all’amministratore potranno essere formalmente affidate le suddette funzioni in sede di accettazione della nomina o di rinnovo dell’incarico nell’ambito del consesso condominiale ex art. 1129 c.c., dovendo poi adempiere agli obblighi previsti dal Regolamento Europeo 2016/679 agli artt. 24 e 28.
In ordine alla preminente questione dell’obbligo dell’amministratore di dispensare ai creditori rimasti insoddisfatti i nominativi dei condomini morosi, a prescindere dall’espressione del consenso, si osservi che il Garante Privacy, con nota del 26.07.2018 (prot. Nn. 22562 e 129141), ha ritenuto che “non occorre acquisire il consenso dell’interessato per attivare i meccanismi di tutela previsti dall’art. 63 delle disp. Att. C.c. (…)” confermando che “per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi. I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini. In caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, l’amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato”.
Si comprenda che l’obbligo dell’amministratore di fornire i dati personali dei condomini morosi a beneficio dei creditori deve avvenire sempre nel rispetto del ruolo di Data Protector al medesimo spettante, ben delineato già nel Vademecum “il condominio e la privacy” del Garante Privacy, prima ancora dell’entrata in vigore del Regolamento Europeo del 2016, allorquando stigmatizzava la condotta di quegli amministratori condominiali che divulgavano avvisi di mora e sollecitazioni di pagamento attraverso la bacheca condominiale, con buona pace della tutela della riservatezza.
Tant’è che, con recente sentenza del 05.09.2019 n. 22184, la Suprema Corte, sez. II, arguiva che rendere noto a terzi lo stato di morosità è suscettibile di integrare reato di diffamazione affermando che “l’amministratore di condominio deve garantire la tutela della protezione dei dati personali dei condomini, con riferimento ai pagamenti delle spese condominiali, di cui abbia conoscenza in ragione del suo mandato professionale. Se non rispetta tale obbligo, comunicando a soggetti terzi lo stato di morosità altrui, commette reato di diffamazione”.
Tiziana Di Palma