La tutela del diritto di autore ha la sua origine con la creazione della stampa; più precisamente si fa risalire a quando Gutenberg nel 1440 realizzò la prima Bibbia creata mediante il procedimento della stampa a caratteri mobili. La conseguenza immediata di questa innovazione fu la diminuzione del costo dei libri che divennero così accessibili ad uno strato relativamente ampio della popolazione. Seppure ne fu conseguente un’immediata tutela relativa alla “diffusione” delle opere e delle copie, una vera e propria tutela del diritto di autore è stata teorizzata in Europa solo nel periodo illuminista, laddove gli studiosi si interrogavano sulla natura del diritto: una parte della dottrina tedesca propendeva per una natura patrimoniale; un’altra parte della dottrina classificava il diritto di autore come diritto non patrimoniale ma personale, riconoscendone un’importanza alla personalità della creazione artistica; una terza teoria intermedia, la più diffusa ancora oggi, riconosceva una definizione dualista del diritto di autore: patrimoniale e non patrimoniale.
La prima legislazione sulla materia fu lo Statute of Anne, in Inghilterra nel 1709, a cui seguì la Convenzione di Berna del 1886, ratificata in Italia solo con la L. n. 3991/1978.
Nel nostro ordinamento, il diritto di autore è disciplinato dalla L. n. 633/1941 (protezione del diritto di autore e di altri diritti connessi al suo esercizio”) modificata dal D. lgs. n. 68/2003 di attuazione della direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto di autore e di diritti connessi nella società dell’informazione.
Il legislatore del 1941 ha realizzato un impianto normativo malleabile capace di tenere in considerazione anche l’evoluzione tecnologica moderna.
In particolare, l’art. 8 della direttiva 2001/29/CE ha sancito la possibilità per il titolare di un diritto di autore di chiedere un provvedimento inibitorio nei confronti degli intermediari i cui servizi sono utilizzati da terzi per violare un diritto di autore o diritti connessi.
Sul tema la giurisprudenza nazionale e comunitaria si sono in più occasioni esposte. A tal proposito, la Corte di Giustizia del 2014 ha ritenuto che debba essere considerato intermediario ex art. 8 il provider che permette la pubblicazione di materiali protetti dal diritto di autore senza l’autorizzazione.
La Corte di appello di Milano, nel 2015, precisava che l’operatore che offre un servizio di accesso ad un sito ove gli utenti possono caricare contenuti audiovisivi da condividere con altri utenti senza proporre altri servizi di elaborazione dei dati non è soggetto ad un obbligo preventivo di controllo ex artt. 16 e 17 dell’effettiva titolarità del diritto di autore e del filtraggio dei contenuti. Sussiste, invece, la responsabilità del provider laddove esso sia reso partecipe del caricamento dei dati o sia stato informato dell’illeceità del contenuto dei video caricati e non li abbia rimossi dal portale. si deve procedere ad un bilanciamento dei diritti coinvolti (principio di libertà di espressione, informazione, circolazione e tutela del diritto d’autore).
Da quando il provider può dirsi a conoscenza dell’illecito allora emerge la responsabilità diretta. La Corte, comunque, ribadisce che non può esserci alcun obbligo di sorveglianza generalizzato in capo al provider. A ribaltare l’orientamento giurisprudenziale formatosi troviamo la recente sentenza della Corte di Giustizia Europea del 14/06/2017 che ha stabilito che ISP non può essere più considerato un mero trasportatore di informazioni online, visto il mutato scenario delle operazioni multimediali.
La Corte di Giustizia riconosce rilevanza al diritto di autore a discapito della tutela del provider che sembra non trovare giustificazione nel caso in cui si verifichi la diffusione online di opere protette dal diritto di autore senza l’autorizzazione del titolare dell’opera. Si deve operare un bilanciamento tra l’interesse all’indipendenza di Internet (cd. diritti di libertà di espressione, costituzionalmente garantiti) e la tutela del diritto di autore.
La direttiva 2001/29, seppure all’art. 8 prevede una tutela inibitoria contro l’intermediario, non può fare da scudo ad una serie di problematiche sorte con il progresso tecnologico e telematico.
Per la Corte di Giustizia la violazione del diritto di autore si configura quando la cd. comunicazione al pubblico di cui all’art. 3 della Direttiva realizza la diffusione di un’opera protetta dal diritto di autore con modalità diverse da quelle utilizzate fino a quel momento per a circolazione dell’opera stessa ed altresì quando ne viene consentito l’accesso ad un pubblico nuovo, he non sia stato preso in considerazione dal titolare. Il caso della pubblicità su un server certamente identifica la violazione dell’art. 3 della direttiva.
Su Internet vengono pubblicate numerose opere senza l’autorizzazione del titolare del diritto di autore. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea nega espressamente la neutralità del provider in ordine alle vicende di diffusione in rete di contenuti illeciti e di opere protette dal diritto di autore da parte degli utenti del server; quindi anche se le opere sono state diffuse in rete senza l’autorizzazione del titolare, il provider è responsabile della messa a disposizione delle opere poiché svolge un’attività di amministrazione e di gestione della piattaforma/server per chi non può conservare una posizione neutrale rispetto alla condivisione di contenuti illeciti. E pertanto si può affermare che il dovere di controllo del provider è in re ipsa, anche se la direttiva esclude un obbligo di sorveglianza. La dottrina ha ritenuto che tale disposizione non implica un divieto assoluto. L’orientamento dottrinale e giurisprudenziale dell’Unione Europea e nazionale tende a convergere verso il riconoscimento di veri e propri obblighi di sorveglianza nei confronti dei titolari del diritto di autore. Sarebbe opportuno che anche a livello legislativo si prendesse in considerazione l’idea di introdurre l’obbligo di sorveglianza del provider. Secondo la Corte di Giustizia vi è un dovere del provider di attivarsi per la tutela dei diritti della persona su internet con particolare riferimento al diritto di autore.
Per quanto riguarda la responsabilità penale: l’ipotesi in cui il provider sia a conoscenza dell’illecito e non ne impedisca la diffusione, potrebbe configurarsi un’ipotesi di responsabilità omissiva impropria ex art. 40 c.p. che in combinato disposto all’art. 110 c.p. renderebbe il prestatore punibile per concorso omissivo nel reato commissivo posto in essere da altri.
Sul punto si è espresso il Tribunale di Roma, che con la sentenza del 1.06.2015, ha precisato che la pubblicazione su social network di contenuti coperti dal diritto di autore se condivisi con impostazione “pubblica” sui social network non comporta una licenza generalizzata di utilizzo e sfruttamento dei contenuti coperti dal diritto di proprietà intellettuale in favore di qualsiasi terzo che accede alla persona. L’autore delle foto è legittimato a chiedere i diritti esclusivi ex art. 88 della legge sul diritto d’autore. La pubblicazione della foto sul profilo non costituisce automatica paternità del diritto, ma è comunque una presunzione grave della titolarità dei diritti in capo al titolare della pagina.
In tale contesto, emerge il recentissimo provvedimento del Tribunale di Roma del 10 gennaio 2019 (n. 693), che ha condannato la piattaforma Vimeo a risarcire alla società Rti del Gruppo Mediaset la somma di euro 8,5 milioni, per la diffusione non autorizzata di video tratti da programmi tv coperti da diritto d’autore; il provvedimento ha, altresì, fissato gli astreint per ogni violazione o inosservanza successiva di euro 1.000, e di euro 500,00 per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione della sentenza.
Il Tribunale ha riconosciuto la natura di hosting attivo del provider Vimeo in quanto «in tutto assimilabile a un servizio di video on demand»; il provider è, infatti, dotato di una tecnologia tale da consentire di individuare, all’interno della sua piattaforma online, il materiale dal contenuto illecito ed impedire il caricamento di contenuti non autorizzati.
Il provvedimento è coerente con le disposizioni previste nella recentissima Direttiva europea n. 2016/280 sul copyright approvata il 12 settembre 2018, che ha l’obiettivo di creare un mercato unico digitale tra i Paesi Ue, armonizzando le leggi sul copyright e sul diritto di autore nei singoli Stati membri.
In particolare, risultano rilevanti due articoli della Direttiva: l’art. 11, cd. Link tax, che esclude la ricondivisione del link senza scopo di lucro; in particolare è stato stabilito che la pubblicazione di contenuti editoriali protetti dal diritto di autore su portali diversi da quello del creatore del contenuto sia vincolata ad un accordo tra le parti in modo che il creatore riceva un’equa remunerazione per il lavoro. L’art. 13, cd. Upload filter, invece, introduce un controllo preventivo ed individua una responsabilità per la violazione del diritto di autore in capo ai providers; in particolare, si è stabilito che gli Internet providers devono applicare i controlli più stringenti per evitare che gli utenti pubblichino materiale coperto da copyright.
Livia Aulino