Per due giorni Mark Zuckerberg è stato messo sotto torchio dal Congresso U.S.A. per rispondere alle numerose preoccupazioni destate nell’opinione pubblica americana e mondiale dallo scandalo Datagate di Cambridge Analytica.
I temi affrontati nelle audizioni che si sono susseguite il 10 e l’11 aprile innanzi al Senato ed alla Camera sono numerosi, mentre le risposte del CEO di Facebook sono state solo in parte soddisfacenti.
Zuckerberg ha ammesso le sue colpe
Di fronte alle numerose domande, critiche e dubbi espressi circa la capacità di Facebook di tutelare la privacy ed i dati personali dei propri utenti, Zuckerberg ha nuovamente ammesso le proprie colpe, scusandosi e promettendo di adoperarsi per realizzare importanti riforme interne che prevedono l’utilizzo di quasi 20 mila dipendenti “addetti alle verifiche di sicurezza”.
Il CEO, sotto pressione per il tono molto duro assunto soprattutto dagli esponenti del partito democratico, ha, inoltre, ammesso che Facebook deve ritenersi responsabile dei contenuti pubblicati sulla propria piattaforma e che il noto social network ha effettivamente raccolto, per “ragioni di sicurezza” anche i dati di persone che non iscritte al social network, i cosiddetti “shadow profile”.
A fronte di un veemente intervento della senatrice Kamala Harris della California, inoltre, Zuckerberg sembra aver ammesso pubblicamente che la società aveva scoperto da tempo gli abusi commessi da Cambridge Analytica ed aveva deciso coscientemente di tenerli nascosti agli utenti.
Più evasive, invece, sono state le risposte alle domande inerenti la possibilità, paventata da diverse testate americane, che in passato vi siano stati altri utilizzi illeciti dei dati degli utenti ricavati dal social network.
Zuckerberg sulle fake news e l’intelligenza artificiale
Interrogato sulla questione delle fake news, il fondatore di Facebook ha presentato una strategia basata su tre punti: implementare un sistema di intelligenza artificiale che riconosca e cancelli gli account, un maggiore ricorso ai c.d. fact checkers per verificare la veridicità dei contenuti segnalati ed un maggior controllo dei contenuti a pagamento.
Netta è stata, poi, la posizione assunta da Zuckerberg a fronte dell’accusa mossa da alcuni senatori che avevano chiesto un intervento dell’Antitrust, accusando Facebook di operare in regime di monopolio. Sul punto Zuckerberg ha negato di essere un monopolista affermando che in media gli americani usano otto diverse App per tenersi in contatto tra loro.
Zuckerberg sul GDPR e il modello di privacy europeo
Ciononostante si è detto favorevole all’adozione di normative che regolino l’economia di internet, spendendo parole sorprendentemente favorevoli nei confronti del Regolamento 2016/679 (General data protection regulation- GDPR) che entrerà in vigore il prossimo 25 maggio in tutta Europa, fornendo una disciplina uniforme in tutto il vecchio continente in materia di data protection.
A detta del CEO, infatti, i legislatori europei hanno dato un’ottima prova, creando una normativa che “consente agli utenti di tenere sempre sotto controllo l’utilizzo dei propri dati” e che costituirà senza alcun dubbio il modello standard per tutto il mondo.
Intanto, seppure Zuckerberg a fronte del fuoco incrociato di domande, non ha sempre fornito risposte esaurienti, per il momento risulta vincitore di questo primo round: il suo atteggiamento conciliante e fiducioso è stato subito premiato da Wall Street dove il titolo di Facebook ha chiuso con un aumento di circa il 4,6%.
Lucrezia D’Avenia