Continuano le notizie shock dopo scandalo Datagate Facebook.
Interrogato sulle rivelazioni dell’ex dipendente di Cambridge Analytica, in un’intervista rilasciata al direttore di Vox Ezra Klein, Zuckerberg ha ammesso che Facebook, con il dichiarato obiettivo di verificare il rispetto degli standards imposti dalle proprie linee guida, analizza tutti i messaggi e le immagini che gli utenti si scambiano sul noto social network tramite l’applicazione Messenger.
Scandalo Datagate: Facebook analizza tutti i nostri messaggi.
Secondo quanto sin ora trapelato sembrerebbe che i contenuti dei messaggi non siano stati utilizzati per finalità di marketing ma “soltanto” per prevenire utilizzi illeciti della piattaforma e per impedire la diffusione di contenuti illeciti.
Fatto sta che ancora una volta, il CEO del social network ha tradito la fiducia dei suoi affezionati utenti, del tutto ignari di essere sorvegliati in ogni comunicazione.
Datagate Facebook: Apple contro Zuckerberg: “Il prezzo di Facebook sono i suoi utenti”
Nel podcast di Vox, Zuckerberg risponde, inoltre, alle accuse scagliate senza filtri dall’amministratore delegato di Apple Tim Cook, che aveva mosso dure critiche alla privacy policy di Facebook e, più in generale, al modo in cui il noto social network sfrutterebbe ogni dettaglio della vita privata dei propri utenti.
“Potremmo fare un sacco di soldi se monetizzassimo i nostri clienti … se cominciassimo a considerare i nostri clienti come se fossero il nostro prodotto, ma siamo scelti proprio perchè non lo facciamo” queste le parole utilizzate dal CEO di Apple per sostenere l’acccusa contro Facebook.
La sua tesi, quanto mai semplice è la seguente: niente è davvero gratis; pur se Facebook offre un servizio senza un prezzo in denaro, quindi, non significa che non abbia un costo. E questo costo non solo esiste, ma è molto alto perchè consiste nella cessione dei dati personali degli utenti, senza l’adozione di misure di sicurezza e di prevenzione adeguate a tutelare gli interessati, come il caso Cambridge Analytica avrebbe, secondo Cook, ampiamente dimostrato.
Di fronte a tali pesanti insinuazioni Zuckerberg si è difeso rispondendo che la gratuità non può essere considerata sintomo di trascuratezza e ha mosso la critica esattamente opposta alla Apple che da sempre propone prodotti con prezzi proibitivi.
Alla luce di questo acceso scambio l’evidenza è una sola: si parla sicuramente di due colossi che hanno cambiato il mondo con modelli di business diametralmente opposti, l’uno basato su gratuità e pubblicità e l’altro su qualità del prodotto ed attenzione al cliente, ma in cambio di un alto costo (e quindi con minore accessibilità al prodotto).
La domanda che resta aperta però è la seguente: esiste un modello davvero soddisfacente per la tutela dei diritti dei consumatori?
Lucrezia D’Avenia